Il fotografo

Ritratto di Marco Pesaresi", Bruino (Torino), 1988, fotografia di © Luigi Gariglio

Marco Pesaresi nasce a Rimini nel 1964.
Dopo gli studi superiori, segue i corsi dell’Istituto Europeo di Design a Milano dove comincia la sua carriera di fotografo professionista. Nel 1990 entra a far parte di Contrasto e dopo aver trascorso molti anni tra Milano e Roma si stabilisce a Rimini.

Viaggia molto tra Africa ed Europa. Il suo interesse come fotografo si concentra soprattutto sui più complessi e difficili problemi sociali del nostro paese e della nostra società: l’immigrazione, la droga, l’emarginazione e il fenomeno della prostituzione. Documenta lungamente la vita notturna in Italia e all’estero raccontando momenti intimi e situazioni estreme. L’impegno e l’approfondimento di tali tematiche portano Marco Pesaresi a lavorare su grandi reportage fotografici, che lo vedono impegnato per molti mesi di seguito. Così nasce Underground (pubblicato in Italia da Contrasto e negli Stati Uniti da Aperture), una ricognizione in dieci diverse città del mondo sulla vita delle metropolitane, e il progetto sui Megastores, realizzato tra Giappone, Stati Uniti e Russia per documentare le nuove abitudini consumistiche di questi grandi paesi.
L’ultimo lavoro di Pesaresi è un reportage in bianco e nero su Rimini, uno struggente e malinconico ritratto della sua città natale, che diventerà un libro nel 2003 e una mostra. Le sue foto sono pubblicate regolarmente sulle principali testate internazionali come Panorama, L’Espresso, Geo, El País, Sette, The Independent, The Observer e altre ancora. Espone ad Arles, nell’ambito dei Rencontres Internationales de la Photo, e a Perpignan, nell’edizione 1996 del Festival Visa pour l’Image; la sua mostra Underground gira molte città europee. Nel 1994 vince il Premio Linea d’Ombra.
Il 22 dicembre 2001 Marco Pesaresi muore nella sua Rimini, dove aveva a lungo lavorato.
 
L’archivio di Marco Pesaresi è stato depositato dalla madre Isa Perazzini a Savignano sul Rubicone, nei locali di Palazzo Vendemini, con lo scopo di conservarlo, catalogarlo e valorizzarlo nel tempo. L’archivio conta oltre 55.000 documenti fra negativi, provini a contatto, stampe, diapositive, fotografie.
 
“Quando l’ho conosciuto, Marco Pesaresi era molto giovane e appassionato di fotografia e di avventura. Mi sono rapidamente convinto delle sue potenzialità. Abbiamo subito cominciato un percorso di lavoro insieme, durato tanti anni, che ha portato Marco a realizzare i suoi due più importanti progetti: la visione poetica di Rimini, diario intimo e universale delle particolarità e degli eccessi che caratterizzavano la sua città natale, e Underground, un grande reportage nelle metropolitane dei più popolosi centri urbani del mondo, da New York a Calcutta, da Mexico City a Parigi, a Berlino, a Madrid, Londra, Milano, Tokyo e Mosca.
Marco aveva il ritmo lungo del grande passista; era in grado di progettare e realizzare reportage – come appunto è stato Underground – di ampio respiro e grande complessità. Per Underground percorse migliaia di chilometri, immerso per mesi nel ventre delle città (al ritorno da Calcutta e da Mexico City, dopo venti giorni trascorsi a ogni tappa sotto terra, ricordo che dovette riprendersi dalle difficoltà respiratorie causate dalla lunga permanenza nei sotterranei).”
Roberto Koch, fondatore dell’agenzia Contrasto (Roma)
da Underground: travels on the global metro Aperture, New York 1998, p. 150
da Underground: un viaggio metropolitano Contrasto, Roma 1998, p. 150
 
“Passione, amore, futuro, sogni, mondo, umanità, paure, sesso, visioni, dolore. Sono solo alcune delle parole che hanno affollato gli anni che ho condiviso con Marco.
Anni giovani e ribelli, incerti per loro stessa natura.
Marco usava il reportage per dare forma ai suoi demoni. Gli andava incontro e li guardava in faccia. Nani, storpi, prostitute, drogati e folli, accattoni e barboni, un’umanità senza speranza di riscatto.
Tutto era iniziato con la metropolitana di Londra per poi diventare quel giro del mondo esagerato che lo avrebbe consacrato sulla scena fotografica internazionale.
Un tour de force che dopo ogni viaggio decidevamo di finire lì, senza altre tappe perché ogni città sotterranea lo consumava e esaltava allo stesso tempo. Empatico e totale, sapeva abitare altri luoghi e altre culture, parlare o tacere senza ostacoli di lingua. Dono raro tra i fotografi.
A Mosca aveva camminato per ore, su e giù per le scale mobili del metrò, senza capire la segnaletica in cirillico: era stato aggredito da un gruppo di skinheads e si era spaventato per la vastità della città. A Tokyo era andata anche peggio. Aveva telefonato nel cuore della notte, non tenendo conto del fuso orario, arrabbiato per l’impossibilità di muoversi liberamente non capendo la lingua. Nonostante tutto, aveva fatto le fotografie più poetiche. Una di queste mi segue da più di quindici anni in ogni trasloco: una bambina col palloncino che copre il viso di sua madre. La dedica è un cuore, disegnato a mano da Marco. Io l’ho sempre tradotta: ti voglio bene.
A Calcutta aveva preso una brutta infezione intestinale, aveva patito il caldo e le folle. A New York, finalmente, aveva trovato una metropolitana che usciva in superficie e il piacere nel fare questo progetto: si era concentrato sugli esterni, romanticissimi con la neve.
Se ci penso bene, tutta la fotografia di Underground è romantica. Lo sono i clown, i giovani che si baciano, le donne e i bambini ma lo sono anche i disagiati e gli homeless. Nei suoi viaggi tra l’umanità dolente Marco cercava la bellezza dell’anima, l’intensità degli sguardi e il calore dell’incontro.”
Renata Ferri
Milano, 13 ottobre 2011
da Underground: travels on the global metro Aperture, New York 1998, p. 150
da Underground: un viaggio metropolitano Contrasto, Roma 1998, p. 150

“Marco teneva particolarmente al suo lavoro su Rimini. Quelle immagini sono l’omaggio a una città, l’offerta struggente e appassionata che un figlio tributa alla sua terra, amata e detestata come ogni terra madre. La Romagna di Rimini è un territorio particolare, patria dello svago a tutti i costi, delle vacanze spensierate ed eccessive ma anche culla di valori e tradizioni rurali forti, di emozioni schiette, di un’affettività diffusa che si percepisce in ognuna di queste immagini.
Marco Pesaresi era un attento osservatore di queste zone. Ci era nato, le aveva esplorate, le aveva ritratte facendo della sua macchina fotografica il pretesto e il motivo per un racconto poetico e intimo: l’atto di amore che ogni figlio vorrebbe tributare a chi lo ha generato. La terra di Romagna, appunto. Rimini. Apparso venti anni fa, il lavoro di Pesaresi, vero talento della fotografia italiana, è stato un folgorante esempio di come con la fotografia si riesca ancora a parlare di se stessi e di ciò che ci riguarda in modo intenso e vero, e quindi universale, fino a scarnificare le proprie sensazioni.”
Roberto Koch, fondatore dell’agenzia Contrasto (Roma)
da Rimini Contrasto, Roma 2003, p. 98
 
“Per fortuna c’era la sua Rimini, dove tornava e dove tutto quel male del mondo diventava malinconia. Come un poeta, sapeva trasformare le sue affollate visioni del mondo in spazio, cielo, mare, terra delle origini e profumi portati dal vento. La sua fotografia si trasformava, toglieva il colore e restituiva solo poesia. Non più periferie dell’umanità e volti di mille razze, ma silenzio e distese, dove lo sguardo, il suo e il nostro, può essere infinito.
Marco amava e odiava tutto quello che aveva con violenta intensità.
So per certo che la fotografia è stata la stagione più bella della sua vita e siccome so che è stata una stagione lunghissima, credo abbia vissuto, dannato ed errante, intenso e visionario, l’unica vita possibile.”
Renata Ferri 
Milano, 13 ottobre 2011
 
“Riflettendo su questa travagliata esistenza m’accorsi di saper amare.
Vi amerò per le strade del mondo.”
Marco Pesaresi
da Rimini Contrasto, Roma 2003, p. 98
 
“La mia fotografia prende corpo – nasce – da tradizioni contadine, di campagna; e si sviluppa nella poesia del mare d’inverno; accompagnandosi a immagini di libertà, di emancipazione, di trasgressione nella notte. Però, comunque, nasce dalla campagna.
Io amo questa terra, la amo con tutto il cuore. Ne amo i luoghi, mi piacciono i luoghi. E poi mi piace tantissimo – questa terra – perché muta in continuazione. Nulla è mai uguale all’anno precedente, tutto è in evoluzione continua.
Più soffro e più mi affanno nella ricerca della poesia. Più sento che dentro di me vivo situazioni di disturbo, difficili – cose che purtroppo nella mia vita continuamente incontro – più il mio sguardo si addolcisce. E più cerca la serenità l’armonia delle immagini. E qualche volta le trova.”
Marco Pesaresi
da Qui e altrove Pazzini Editore, Villa Verucchio 2011, p. 96
 
“In queste fotografie riconosco la Russia che ho incontrato oltre un decennio fa e riconosco Marco che ho incrociato pochi mesi dopo la sua avventura russa, poco prima che partisse per il suo ultimo viaggio. Palpita in queste immagini il desiderio di contatto e di relazione, nonostante le difficoltà di comunicazione. Quasi ogni immagine è il frutto di un incontro, il tentativo di dialogo e di comprensione individuale e condivisa. Vi è complicità, seppure questa scaturisca anche solo per pochi secondi. Marco non si nasconde, non ruba le foto. I suoi passi, i suoi movimenti non sono silenziosi – lo sono forse i suoi pensieri e il suo desiderio di capire – ma si può quasi immaginare il suo sorriso fragoroso quando immortala la ragazza che mostra il seno e lo scatto repentino per catturare la ragazza bionda che vende lampadari sulla banchina del treno. In queste immagini si ritrovano molte delle cose che si amano della fotografia di Marco e si dovrebbero ricercare in tutta la fotografia. Queste immagini sono incontri prima di essere racconti, sono splendidi esempi della fotografia sincera e onesta che non ha la presunzione di spiegare ma vuole bensì prima capire.”
Davide Monteleone
presentazione della mostra Il tempo di un viaggio (SI FEST 2017)
da Ad Confluentes. SIFEST26
Pazzini Editore, Villa Verucchio 2011, p. 30