Lorenzo Zoppolato

La luce necessaria

Scatti sospesi, in attesa. Scatti che bloccano il tempo: la fiamma di una candela, una nuvola nera che galleggia davanti alla luna, un uomo con una maschera che guarda in basso e uno col cappello in mano che si asciuga gli occhi. Un altro a cavallo in un mare di nebbia, sospeso, e poi un cane, un lenzuolo bianco, una donna con le trecce scure che lascia dormire una bambina sulle proprie gambe, mentre accende con cura una candela. Presenza: di chi è vivo, di chi non c'è più.
Dicono che l'assenza sia la più forte presenza. È così? Che le persone che ci lasciano rimangono nei gesti che continuiamo a fare, nei loro pensieri da finire di pensare. È così? Poi dicono anche che il nostro secolo proibisca il tema della morte.
«Non penso sia questione di proibizione, piuttosto di capacità di gestione. È il senso di comunità a mancare. Il senso di comunità, insieme al tempo, sono fondamentali per gestire una materia così potente e misteriosa». A rispondermi è l'autore di "La luce necessaria", Lorenzo Zoppolato.
 
Lorenzo Zoppolato è un giovane fotografo professionista, già vincitore di diversi premi tra i quali il primo al festival “Foto Confronti”, il secondo premio al “Portfolio Italia”, il primo premio nel concorso “Black&White photographer of the year” nella categoria “Emerging Talent category”. Nel 2015 è arrivato finalista al concorso internazionale LensCulture Street Photography Awards e nel 2018 all'“Italian street PhotoFestival”.
"La luce necessaria" non è soltanto un reportage fotografico attraverso i "Dias de los muertos", è soprattutto un viaggio grazie al quale la distanza tra vita e morte si riduce a tal punto da intrecciarsi e fondersi, da diventare un discorso aperto sull'assenza, sulla presenza, sulla scoperta di ricordi sepolti. Una continua ricerca di storie da raccontare, di destini da trovare, di distanze da mantenere. «Realismo impregnato di immaginazione», mi dice.
 
«"La luce necessaria" è un progetto nato molto prima del viaggio, è nato prima dei libri che hanno fecondato la mia immaginazione. E’ nato da ricordi che non ho e dall’esigenza di evocarli attraverso le domande che pongo alla realtà con la fotografia. La fotografia come strumento, la luce necessaria come inchiostro. Uniti insieme mi hanno permesso di indagare il labile confine tra vita e morte, permettendomi di diventare parte di ciò che fotografavo». Le idee chiare di Lorenzo ci indicano il cammino da seguire.
 
Fotografare per cambiare il mondo? «No. Fotografare per cambiare me».
Le persone che ci lasciano sono nei riti che continuiamo a fare?  «Sì. Non tanto in quelli religiosi, piuttosto in quelli quotidiani, personali, intimi. La fortissima sinergia tra riti privati e sociali che ho trovato in Messico, mi ha permesso di diventare il soggetto di quello che stavo fotografando».
 
Lorenzo Zoppolato con "La luce necessaria" cerca ricordi che ha perso nel passato. In quello che scatta c'è quello che vorrebbe essere: «una persona che non ha timore del lutto, che ha imparato a frequentarlo. La fotografia per me è simile ad uno specchio rotto; io comincia a diventare quello che sono quando mando in pezzi la realtà e la ricompongo sotto forma di storia». E noi in che modo ci ricomponiamo?
 
«Cosa ci chiedi di guardare in "La luce necessaria"? Cosa ci vuoi dire? Cosa illumini?» gli chiedo.
«Illumino spiragli di realtà nei quali la vita e la morte si mescolano e tornano ad essere parte l’una dell’altra come quando il tempo non esisteva».
 
Dentro immagini di una realtà in dormiveglia, grazie agli occhi che il fotografo ci presta, troviamo quello che lui stesso stava cercando: la vita nella morte, la presenza nell'assenza.