Chiara Fossati

Villaggio dei fiori


Sara dai capelli lilla e dalla pelle chiara guarda altrove, alle sue spalle una bicicletta e un tappeto a pelo lungo stanno immobili sotto il sole. Alessandra, invece, guarda l'obiettivo con un mezzo sorriso. È il lunedì di Pasqua e sullo sfondo una scritta fatta con le bombolette è rimasta sospesa: "ammazzati", dice. Anche Gaia guarda verso di noi, la testa ancora china sulla macchina da cucire appoggiata sopra il tavolo della cucina, due grossi cerchi color oro alle orecchie, vestita di tatuaggi e a seno scoperto, sta cucendo il suo vestito da damigella. Gesti sospesi. Andre e Fra hanno lo sguardo serio davanti alla loro porta di casa, capelli colorati come le felpe che indossano. Quelli di Sara invece sono tornati scuri, non sono più lilla ma in compenso sono ancora più corti. Ci fissa con occhi gonfi di pianto, una mano sulla fronte, "Bad day" il titolo dello scatto. E nel frattempo, da un'altra parte, di notte, un furgoncino divampa furioso e solo sul ciglio della strada. 

«Scattavo "Villaggio dei fiori" già da un po', ma quando ho avuto tra le mani quella foto ho sentito nello stomaco di essere sulla strada giusta».
Chiara Fossati, vincitrice del Premio Pesaresi 2018, è una fotografa nata a Leganano nel 1984 che oggi vive nella periferia ovest di Milano: Villaggio dei fiori. La foto di cui mi parla ritrae una nonna urlante di fronte al nipote in mutandine che, divertito e coraggioso, le punta la canna dell'acqua in pieno viso. Numero civico 93. Via dei Gigli. Gesti sospesi. 
È forse questo il denominatore comune degli scatti: sguardi coraggiosi, quotidianità, vite scoperte. Scoperte che significa prive di copertura. «Villaggio dei fiori è una famiglia, le coperture non servono». 
Chiara inizia a fotografare a quattordici anni e capisce immediatamente che quello sarà lo strumento attraverso il quale far combaciare mondo interiore e mondo esterno. Quando le chiedo che cosa le sia rimasto attaccato agli occhi dopo quegli scatti, mi risponde «tutto. Questa è la mia vita, mi rimane tutto addosso. Io sono loro. "Villaggio dei fiori" sono io. Il senso di comunità che c'è qui è quello che ci sostiene: un collante che tiene uniti. La conformazione di Villaggio dei fiori ti costringe alla convivenza con gli altri». Costrizione che diventa bisogno. 
L'ambiente condiziona l'essere umano? Certo che sì. 
«Quando l'anno scorso sono tornata a casa e ho raccontato che "Villaggio dei fiori" aveva vinto il Premio Pesaresi tutti hanno cominciato a urlare "Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!"».
Abbiamo: plurali importanti. Ecco cosa ci chiede di guardare Chiara, quell'abbiamo inevitabile, potente, vitale. 
Chiara, che si forma come fotografa allo Studio Fondazione Marangoni di Firenze e al Goldsmith College di Londra e che entra poi a far parte del collettivo fotografico Cesura dove lavora anche come assistente del fotografo Alex Majoli, al tempo presidente di Magnum Photos, nell’estate 2014 prende parte al progetto Danibe Revisited: The Inge Morath Truck Project, dove ricopre il doppio – e insolito – ruolo di fotografa e camionista. Dal 2016 ha lavorato come studio manager per il fotografo Davide Monteleone e ora per l’artista Paolo Ventura. Dal 2017 insegna storia della fotografia contemporanea allo IED di Milano. Il suo lavoro ruota attorno all'essere umano e alle sue sfumature, per poi arrivare allo spettatore travolgendolo con potenza. 
Quando le parlo di "sfondi" da portare in superficie, da rendere protagonisti, e le chiedo se è questo quello che ha voluto fare con "Villaggio dei fiori", mi risponde di no: «noi siamo già protagonisti. Villaggio dei fiori, la periferia, questa è la nostra realtà. Noi siamo la realtà. È Milano lo sfondo». 
Ecco dunque lo sguardo del fotografo, ecco dunque lo sguardo altro che diventa nostro. Ringrazio Chiara, grata per averci prestato i suoi occhi.

di Gloria Perosin

fotografa allo Studio Fondazione Marangoni di Firenze e al Goldsmith College di Londra e che entra poi a far parte del collettivo fotografico Cesura dove lavora anche come assistente del fotografo Alex Majoli, al tempo presidente di Magnum Photos, nell’estate 2014 prende parte al progetto Danibe Revisited: The Inge Morath Truck Project, dove ricopre il doppio – e insolito – ruolo di fotografa e camionista. Dal 2016 ha lavorato come studio manager per il fotografo Davide Monteleone e ora per l’artista Paolo Ventura. Dal 2017 insegna storia della fotografia contemporanea allo IED di Milano. Il suo lavoro ruota attorno all'essere umano e alle sue sfumature, per poi arrivare allo spettatore travolgendolo con potenza. 

Quando le parlo di "sfondi" da portare in superficie, da rendere protagonisti, e le chiedo se è questo quello che ha voluto fare con "Villaggio dei fiori", mi risponde di no: «noi siamo già protagonisti. Villaggio dei fiori, la periferia, questa è la nostra realtà. Noi siamo la realtà. È Milano lo sfondo». 

Ecco dunque lo sguardo del fotografo, ecco dunque lo sguardo altro che diventa nostro. Ringrazio Chiara, grata per averci prestato i suoi occhi. 

di Gloria Perosin